Penelope percepisce tanto quando siamo agitati, in realtà qualsiasi persona se ne accorgerebbe, avevamo entrambi fretta, lui doveva ancora fare la doccia ed io, che sarei andata a dormire dai miei con i bambini, dovevo ancora preparare le cose da portare via per me è per la piccola.
La casa era un vero bordello, la spesa stava mezza nell'entrata accanto alla scala, pronta per essere portata in dispensa, e mezza in cucina, sparsa sul piano di lavoro, il divano era invaso da giacche, borse e sportine, io cercavo di apparecchiare alla bene e meglio mentre Oscar buttava un paio di cose in frigo.
Penelope stava ancora seduta sul passeggino, dove l'aveva lasciata il babbo per poter riordinare la spesa, senza giacca ovviamente, teneva stretta la sua giraffa di plastica e ci guardava angosciata, mi dicevo:"Adesso inizia a piangere, adesso si mette a strillare e addio cena!", quindi ogni volta che le passavo davanti o entravo nella sua visuale facevo la buffona per farla sorridere.
Ha iniziato a piangere, ma i bimbi sono così, un attimo prima stanno ridendo a crepapelle e un attimo dopo sono una valle di lacrime.
Comunque alle 21.15 Oscar è uscito ed io mi sono trovata da sola con la piccola, noiosa e molto stanca, a cercare di preparare alla bene è meglio, ma più velocemente possibile saltare in macchina prima che iniziasse a piangere davvero, una borsa con le sue cose, un po'di giochi, le crocche per Etti e il mio materiale da lavoro, poi mi sono caricata tutto addosso, ho bardato la Penny e l'ho seduta sul passeggino, ho messo il guinzaglio ad Ettore e tutta trafelata mi sono precipitata in ascensore. Improvvisamente lo specchio mi ha rimandato l'immagine di una mamma che scappa con i suoi bambini... e la mia mente ha fatto un tuffo indietro negli anni, a quel terribile giorno di tre anni fa.
Erano quasi le quattro di notte, ero appena rientrata dal matrimonio di una coppia di amici, ero felice, ma anche molto stanca, i piedi mi facevano male, talmente male da non capire neppure se stavo scalza sul tappeto o sul pavimento. Mi sono preparata per andare a letto, ho spento la luce, e mi sono accoccolata sul mio lato preferito del letto, quello sinistro, a dire la verità era mio anche quello destro, ma mi sembrava sempre troppo freddo.
Ho chiuso gli occhi e mentre stavo per lasciarmi andare, in quel l'attimo che anticipa il sonno profondo, quando ogni muscolo del corpo inizia a rilassarsi, quando puoi ancora percepire suoni a cui la mente razionale non dà nessuna importanza, l'ho sentito arrivare. Qualcosa correva veloce sulla terra, attraverso la terra, cresceva con forza come un urlo vuole risalire dalla gola, veniva verso di me.
Ho fatto in tempo solo a chiedermi:"Cosa cazzo sta passando in piazza a quest'ora?", poi la casa che in quegli anni era diventata il mio rifugio, ha iniziato a divincolarsi rischiando di diventare la mia trappola: i muri oscillavano, i mobili prendevano vita, il letto come un cavallo imbizzarrito saltava cercando di disarcionarmi ed io in silenzio, con la testa nascosta sotto al cuscino, mi ripetevo, in una sorta di ninna nanna :"Adesso passa, adesso passa, adesso passa..." Perché da piccoli ci insegnano che tutto passa.
Finalmente ho sentito Andrea, il mio vicino di casa, che correva giù dalle scale, e una voce da dentro mi ha urlato:"Alzati ed esci!". Fuori era il panico, il piazzale ondeggiava come se fosse stato liquido, le case si piegavano con la stessa fragilità dei rami al vento, sentivamo il rumore dei crolli, dei coppi che cadevano, ma il panico ci impediva di spostarci, stavamo lì abbracciati ad urlare ad ogni sussulto, inermi e disarmati davanti ad un'entità incontrollabile, a chiederci cosa fosse quella forza così potente e distruttrice, e se stesse tentando di inghiottirci... A sentirci piccoli ed impotenti davanti alla rabbia di Madre Natura.
Le comunicazioni erano difficili, riuscii a mettermi in contatto prima con Nicole, a Finale Emilia, nel cuore del disastro, poi dopo mezz'ora, che mi sembrò un'eternità, con i miei genitori, a Scortichino, la casa li aveva sbattuti un bel po' ma li aveva protetti, ricordo ancora il panico nella voce di mio padre. Piangeva.
Non potevo rimanere lì dovevo raggiungerli.
Ed ecco il ricongiungimento a quel ricordo.
Corsi in casa scortata da Andrea che teneva aperto il portoncino, presi la borsa da palestra, la stessa che utilizzo quando passo la notte fuori casa, la stessa di ieri sera, e mi misi a ficcarci dentro alla rinfusa tutto quello che al momento poteva sembrarmi utile: abiti, acqua, medicine, il pc e la chiavetta per rimanere in contatto con il mondo. Poi un po' di coperte, il cuscino, caricai tutto in macchina e scappai da casa senza immaginare che le condizioni in cui versava il paese dei miei erano ben peggiori di quelle che lasciavo.
Non dimenticherò mai più quelle ore, ma la cosa che mi fa paura più di tutte è che all'epoca ero sola, dovevo pensare solo a me stesa, se avessi dovuto correre le mie gambe mi avrebbero seguito senza problemi, ma oggi?
Il giorno dopo il terremoto ho visto un caro amico che ha recuperato suo figlio indenne dal lettino incastrato sotto l'armadio, il bimbo dormiva ancora, non si era accorto di nulla, non aveva nemmeno un graffio,mentre me lo raccontava tremava e piangeva, hanno dormito diverse notti in macchina fingendo che fosse tutto un gioco.
Essere genitori è davvero il lavoro più duro del mondo, un figlio si sente protetto dal suo papà, si affida alle cure della sua mamma, sono i suoi eroi, finché sta con loro andrà tutto bene, finché loro ci sono ... tutto passa.
Torre dei Finalesi 20 maggio 2012

Il letto di Anais era pieno dei legni del suo armadio, di vestiti, uno specchio...tutto caduto sopra. Avevo Gioele in braccio, di due anni e urlavo come una pazza, Anais Anais, dove sei? Lei non rispondeva, Diego scavava su quel letto mentre io urlavo e la casa continuava a piegarsi...tutto cadeva...ma noi restavamo li, non saremmo mai usciti senza di lei...infine torno in camera nostra e nel buio, perchè le luci non andavano, la vedo accoccolata in un lettino che tenevamo in camera di riserva per gioele, che non lo usava mai...Era li, quando ci era venuta? si era sentita qualcosa? una situazione davvero anomala, diego la prese e io, con dieci anni di vita in meno, corsi giù dalle scale tra i cocci rotti...se fosse andata peggio, non ce l'avremmo fatta dopo tanto tempo ma, ripeto senza di lei non saremmo usciti. Ho sempre pensato che qualcuno l'abba protetta da lassù, e tu sai chi....spingendola ad andare via dal suo lettino.....quell'estate, dormimmo giù...si fa per dire...perchè io non sapevo più dormire, pensando che nel caso avrei dovuto metterli in salvo...spesso ci penso ancora, perchè finchè sono piccoli la salvezza è tutta li, in quel lettone e in quelle 4 mura....ma sarà difficile proteggerli dal mondo...non voglio nemmeno pensarci. Grazie per questo flashback che ci riporta alle cose veramente importanti
RispondiEliminaGrazie a te Francesca per la testimonianza
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